10 febbraio 2021
01 maggio 2020
Memorie del virus
di Marcello Palagi
Ai miei figli e a tutti i bambini. Ai loro denti di leone.
In questi giorni di isolamento, in cui siamo costretti a rimanere a casa, non mi preoccupo se i miei figli non svolgono i compiti assegnati, non mi importa della scuola.
Non mi affanno a scaricare loro le schede online, le letture, i ripassi, l’elenco delle operazioni.
Non aspetto che gli insegnanti si attivino in lezioni a distanza, mi è indifferente, anche se quest’anno i programmi scolastici probabilmente si fermeranno a febbraio.
Non mi rammarico di quanto i miei figli possano rimanere indietro. Indietro a che cosa? È un tempo questo che gli insegnerà altro, ciò che non troveranno in nessun libro.
Impareranno a confrontarsi con la vita, quella vera. A seguire l’unico programma che non è mai lo stesso, che è pieno di fatti imprevedibili, di interrogazioni che ci trovano impreparati, di lezioni nuove.
Impareranno il rispetto di se stessi e degli altri, che significa adattarsi a nuove regole e rimanere a casa. A gioire del calore e della vicinanza delle persone care, perché per molti, ora, anche questo non è scontato.
Impareranno ad adattarsi a queste ore dilatate, a confrontarsi con la noia, che riempiranno delle loro riflessioni.
Sapranno che c’è chi è solo, davvero, e questa solitudine si aggiunge a quella che ha da tempo nel cuore. Sapranno di chi non ha una casa, un posto in cui sentirsi al sicuro.
Impareranno a godere del silenzio di queste stanze, che è solo quiete, tanto lontano dal silenzio di angoscia di una stanza d’ospedale.
Impareranno ad apprezzare quello che hanno, ora che non ci sono nuovi giochi o vestiti e cose nuove da comprare.
Impareranno ad accontentarsi di mangiare quello che c’è, per non sprecare, perché bisogna uscire poco, perché c’è chi neanche ha la forza di andare a fare la spesa e non ha nessuno da chiamare.
Impareranno a farsi crescere dentro la forza di dire “andrà tutto bene”, quando tutto nel mondo sembra gridare il contrario.
Impareranno a farsi adulti, ad accogliere una maturità che non viene dallo svolgere bene le operazioni, da come si scrive, come si legge, come si pronuncia o si riassume. A studiare una lezione che dice che la vita, a volte, si blocca, si rivolta su se stessa e non ha più nome.
Impareranno a capire che c’è un momento per fermarsi, prendere il respiro, raccogliere le forze, e soffiare sulla speranza, forte, come sui denti di leone.
Felicia Lione
FOIBE 10 FEBBRAIO
IL GIORNO DELLA DIMENTICANZA